Fare la pizza in casa può sembrare un’impresa semplice, ma la scelta della farina giusta è tutto tranne che scontata. Chi si mette ai fornelli spesso ha in dispensa la classica farina di tipo 00, pensando che vada bene per ogni impasto. In realtà, non è così: la qualità della farina condiziona la lievitazione e la consistente struttura dell’impasto, oltre alla resa in cottura. Un aspetto che molti sottovalutano, ma che fa la differenza tra una pizza accettabile e una dall’aspetto e dal sapore simili a quelle dei ristoranti.
La forza della farina si misura con un valore chiamato W, che indica la capacità di assorbire acqua e sostenere la lievitazione. Spesso però questa informazione non compare sulle confezioni, e per orientarsi bisogna osservare il contenuto proteico: più proteine significa farina più forte. Per preparare un impasto da pizza tradizionale, la farina dovrebbe avere un W tra 170 e 220, corrispondente a un 10,5-11% di proteine. Questo equilibrio è fondamentale per sviluppare un glutine elastico e resistente, che permette alla pizza di crescere senza disfarsi.
Il ruolo delle farine e l’importanza della proteina
Non tutte le farine si equivalgono, e la differenza si vede proprio nella loro composizione e nelle proprietà di lievitazione. Le farine migliori per la pizza hanno un indice proteico abbastanza elevato e sono generalmente di tipo 0 o di tipo Manitoba, questa ultima conosciuta per la sua forza superiore data dal grano canadese da cui deriva. La farina di tipo 00, pur popolare, può essere usata per la pizza solo se si dedica molto tempo alla lievitazione e al rimpasto dopo la prima fase di crescita – un dettaglio che sfugge a chi vive in città e si limita a preparare l’impasto in fretta.

Il glutine è la chiave: chiamato anche la “maglia glutinica”, si forma solo se la farina ha una buona quantità di proteine. È questa rete elastica che permette all’impasto di gonfiarsi e diventare soffice ma resistente al tempo stesso. Farine troppo deboli, con basso contenuto proteico, rischiano di dare impasti sciolti o eccessivamente friabili, difficili da gestire e che non reggono la cottura.
Farine alternative e senza glutine: cosa scegliere
Le farine integrali si presentano spesso come un’opzione più salutare, dato l’alto contenuto di germe di grano e crusca. Tuttavia, pur avendo più proteine, producono impasti meno elastici e con una lievitazione meno efficiente. Per questo motivo, le ricette più efficaci utilizzano un mix: di solito, due parti di farina integrale combinate con una di farina “forte” come Manitoba o tipo 0. Questo bilanciamento migliora la struttura senza rinunciare al valore nutrizionale.
Quando si guarda alle farine di altri cereali, la situazione si complica. Filiere alternative come kamut, triticale e farro hanno un buon contenuto proteico e una certa resistenza, ma farine come risciola, segale, verna e tritordeum risultano meno forti e vanno miscelate con farine ad alto W. Orzo e avena, invece, sono classificate come farine molto deboli e quindi inadatte per la pizza tradizionale.
Un fenomeno che in molti notano solo d’inverno è l’aumento dell’interesse per le farine senza glutine, indispensabili per chi soffre di celiachia o intolleranze. Farine di grano saraceno, mais, miglio, riso, quinoa, soia o amaranto non contengono glutine e da sole non permettono una buona lievitazione. L’aggiunta di amido di mais e altri additivi aiuta a strutturare l’impasto in modo che ricordi la pizza classica. Sul mercato, alcuni mix di farine senza glutine sono già calibrati per questo scopo, anche se la loro gestione richiede più attenzione rispetto alle farine tradizionali.
Nei mesi più freddi, la gestione della lievitazione con queste farine richiede un ambiente più caldo e costante, un dettaglio che molti amatori trascurano ma che può cambiare radicalmente il risultato finale. Preparare la pizza a casa non è solo una questione di ingredienti, ma anche di condizioni e accorgimenti che seguono ogni giorno professionisti e appassionati. Una tendenza che molti italiani stanno già osservando.
