Davanti allo scaffale delle farine, l’impressione è spesso la stessa: una serie di confezioni con numeri e termini tecnici che non aiutano a capire quale prodotto scegliere. Non si tratta solo di una questione di finezza come si crede comunemente, ma di caratteristiche ben precise che influenzano non solo il sapore ma anche la funzionalità in cucina. Quello che spesso sfugge è il legame tra il tipo di farina e la sua composizione mineralogica, il contenuto di glutine e la capacità dell’impasto di lievitare, elementi fondamentali per chi cucina o panifica con attenzione. Un dettaglio che in molti sottovalutano, soprattutto in città, dove si assiste a una maggiore diffusione di farine speciali e meno tradizionali, spesso senza chiarezza sulle differenze reali.
Come riconoscere farina tipo 00, 0 o 1: cosa dicono i numeri
Contrariamente alla convinzione che il numero sul pacco indichi la finezza della farina, esso rappresenta la quantità di minerali contenuti nella farina dopo un processo di combustione a 900 gradi. In particolare, il numero (tipo 00, 0, 1 o 2) segnala quanti milligrammi di residuo minerale rimangono ogni 100 grammi di farina, noto come cenere. Ad esempio, una farina tipo 480 ha 480 mg di minerali per 100 grammi, mentre una tipo 550 ne contiene 550 mg. Più alto è il valore, maggiore è la presenza di componenti nutritive come vitamine, fibre e sali minerali. Questo è dovuto al fatto che le farine più chiare, come la 00, utilizzano solo l’endosperma bianco dei chicchi, rimuovendo la crusca e il germe, che invece danno ricchezza nutrizionale ma anche un aspetto più scuro e granuloso.

Questo chiarisce perché non sempre una farina più fina sia la scelta migliore: chi si affida solo alla denominazione può rischiare di perdere il valore nutritivo o di avere un prodotto meno adatto al risultato che vuole ottenere. In Italia come in altri paesi europei, la codifica numerica è un indicatore chiaro del contenuto e della qualità della farina, un dato che spesso passa inosservato anche in grandi città dove si assiste a un aumento di farine specifiche per diete o preparazioni di nicchia.
Il ruolo del glutine e la forza della farina
Un altro elemento fondamentale che spesso genera confusione è la presenza e la quantità di glutine. Si tratta di un complesso proteico dato principalmente da glutenina e gliadina, che al contatto con l’acqua formano quella che comunemente si chiama “proteina colla”. Il glutine determina la capacità dell’impasto di legare e di lievitare, un aspetto fondamentale per pane, pizza e altri lievitati. Il contenuto di queste proteine varia molto a seconda del cereale: il farro contiene una quantità superiore di glutine rispetto al grano comune, mentre orzo e segale ne hanno molto poco. I cereali privi di glutine includono riso, miglio e mais, così come gli pseudocereali — quinoa, amaranto e grano saraceno.
Accanto al contenuto proteico, si utilizza per misurare la capacità di una farina di assorbire acqua e sostenere la lievitazione un parametro chiamato valore W. Questo valore indica la “forza” della farina: un valore superiore a 350 segna farine ad alta resistenza e contenuto proteico, ideali per impasti che richiedono tempi lunghi di lievitazione e struttura solida. Quelle con un valore inferiore a 200 si presentano più deboli, con impasti che lievitano più rapidamente ma risultano più fragili. In Italia questo parametro viene spesso sintetizzato con numeri da 2 (bassa forza) a 6 (alta forza). Un dettaglio che molti sottovalutano è che questa scelta influenza direttamente il risultato finale di panificazione lavorando sull’equilibrio tra assorbimento di acqua e tenuta dell’impasto.
Conservazione della farina e come prevenire gli infestanti in dispensa
La farina è un prodotto essiccato che conserva le sue caratteristiche per lungo tempo, ma solo se adeguatamente conservata. È essenziale tenerla in contenitori chiusi ermeticamente, preferibilmente di vetro, plastica o ceramica, per proteggerla dall’umidità e dagli insetti, principali responsabili di contaminazioni. Le farine bianche possono durare fino a 18 mesi, mentre quelle integrali, più ricche di fibre e germe, tendono a deteriorarsi in 8-12 mesi. Un particolare che sfugge spesso a chi vive in città è la maggiore esposizione a temperature e umidità più alte nei mesi estivi, fattori che facilitano la proliferazione degli insetti.
Le tarme alimentari rappresentano un problema ricorrente soprattutto durante le stagioni calde: le loro uova si sviluppano solo sopra i 10 gradi, quindi nel frigorifero i prodotti si mantengono più sicuri. Nel caso di infestazioni è necessario eliminare subito gli alimenti contaminati e pulire accuratamente armadi e dispense con una soluzione di acqua e aceto, che aiuta a distruggere le uova residue.
Per chi vuole prevenire i rischi, è utile mantenere un ambiente fresco e asciutto, controllare regolarmente l’umidità e limitare le scorte eccessive di farine. Conservare le farine in contenitori ermetici è un primo passo fondamentale, mentre alcune sostanze naturali come lavanda, cedro o olio di melaleuca possono aiutare a tenere lontani gli insetti. Nei negozi specializzati si trovano anche trappole a feromoni che bloccano la riproduzione delle tarme, un sistema efficace per evitare danni continui alla dispensa. Una tendenza che molti italiani stanno adottando per mantenere al sicuro una delle basi più comuni della loro cucina.
